quarta-feira, 18 de setembro de 2013

Soren Kierkegaard


Vita

Francobollo in omaggio a Kierkegaard
I temi fondamentali della filosofia di Kierkegaard sono la singolarità dell'uomo e dell'essistenza e la categoria della libertà come possibilità. Questi temi si contrappongono all'idealismo romantico dell'epoca.


Kierkegaard è nato a Copenhagen nel 5 maggio 1813, e fu educato dal padre anziano in una religiosità rigida. Si iscrisse nell'Università di Copenhagen per studiare teologia, dove predominava un'ideologia hegeliana. Nel 1840, circa dieci anni dopo l'ingresso in Università si laurea con una dissertazione "Il concetto de ll'ironia" (pubblicato nell'anno dopo). Nel 1841-1842 va a Berlino dove ascolta le lezioni di Schelling che insegna la sua filosofia positiva, caratterizzata dal contrasto radicale tra realtà e ragione. Prima fu entusiasmato e poi deluso, e tornò a Copenhagen dove visse con una somma lasciategli dal padre e si occupò dei suoi scritti. Gli incidenti esteriori della sua vita sono scarsi, perché ebbe una vita tranquilla come Kant, e furono principalmente il suo fidanzamento con la scrittrice Regina Olsen, l'attacco di un giornale umoristico di cui si dolse, e la polemica contro l'ambiente teologico danese che occupò la fine della sua vita, principalmente contro il teologo hegeliano Martensen. 

Regina Olsen, l'unica donna che amò
e che rifiutò a causa della scheggia
nelle carni, una minaccia orrenda
che sentiva e non la sapeva
spiegare. 
Questi episodi hanno avuto un profonto effetto sulla sua vita, si pensa che anche sproporzionato con quello che è realmente accaduto, che hanno influenzato anche le sue opere. Infatti, lui scrive nel "Diario" che un grande terremoto si era abattuto sulla sua vita, e questo l'aveva fatto posizionarsi di modo diverso daventi al mondo. Lui faceva un accenno vago a una "colpa che sarebbe caduta su tutta la famiglia, un castigo di Dio" e nonostante i biografi tentassero scoprire cosa fosse, pare che essa fosse senza una precisa definizione anche agli occhi del proprio Kierkegaard. Parla poi nei diari anche di una "scheggia nelle carni" che è destinato a portare. Anche qui non c'è niente di preciso, che dimostra il carattere grave della cosa. Forse fu questa scheggia che lo impedì di condurre la vita, il suo fidanzamento che ruppe dopo qualche tempo di propria volontà, le relazioni con la famiglia. Anche qui non c'era una causa determinata, solo il senso di un oscura e paralizzante minaccia. Forse anche per questo non ha seguito la carriera di pastore e nessun'altra. Era uno scrittore, e diceva de avere un rapporto poetico cioè un distacco da ciò che scriveva. Tanto che ha pubblicato le sue opere sotto diversi pseudonimi. 

Le sue opere principali furono: Il concetto dell'Ironia (1841), Aut-Aut che comprendeva Il Diario di Un Seduttore con le storie di Don Giovanni (1843), Il concetto dell'Angoscia (1844), La malattia mortale (1849). Scrisse anche discorsi religiosi, e nel 1955, dal maggio a settembre pubblicò una rivista "Il momento" in cui esponeva le sue polemiche sul cristianesimo danese. 

Morì l'11 Novembre 1855. 

L'esistenza come possibilità

Una prima caratteristica dell'opera di Kierkegaard è l'aver cercato di ricondurre l'esistenza umana alla categoria di possibilità e di aver messo sotto la luce la negatività della possibilità. Già Kant aveva riconosciuto la possibilità reale e la trascendentale. Però su una luca positiva. Queste possibilità facevano riferimento a una apacità umana limitata ma che in questo limite trovavano validità e impegno di realizzazione. 

Kierkegaard risalta l'apetto negativo di ogni possibilità che costituisce l'esistenza umana. Infatti, la possibilitá oltre che possibilità di sí, può essere possibilità che no. Questo implica la non realizzazione di tutto che sarebbe possibile, e c'è la minaccia del nulla. (Una volta scelta una possibilità, tutte le altre che non sono state scelte non potranno mai essere raggiunte. È il non fare).  Kierkegaard vive sotto questa minaccia. Ogni aspetto della sua vita sembra un'infinità di alternative terribili. Lui incarna quello che descrive nel Concetto dell'Angoscia: il discepolo dell'angoscia, una persona che sente in sé tutte le possibilità annientratrici che ogni alternativa fornita dall'esistenza può avere. Per questo, Kierkegaard era reso alla fine paralizzato davanti a ogni alternativa. 

Lui stesso diceva di essere una cavia per l'esperienza dell'esistenza. Diceva di contenere in sé i due estremi degli opposti, di esse un nulla, di mantenere l'esistenza al punto zero: tra freddo e caldo, tra saggezza e stupidità, tra un qualcosa e un nulla, come un forse. Il punto zero è l'indecisione permanente, l'instabilità tra le due decisioni. Questo potrebbe essere la scheggia nelle carni di cui Kierkegaard parlava: 'limpossibilità di ridurre la propria vita a un compito preciso a una possibilità unica. Forse questa impossibilità di traduce per lui nello stare sull'indeciso e indefinito, e il centro del suo io sia il non avere un centro. 

Una seconda caratteristica è quella di chiarire le possibilità fondamentali presentate all'uomo, gli stadi della vita che sono le alternative dell'esistenza, tra le quali l'uomo normalmente deve scegliere ma lui non può. La sua attività fu di comtemplazione. Si credette poeta, e moltiplicò la sua personalità con pseudonimi per chiarire che non s'impregnava a scegliere tra queste alternative. 

Una terza caratteristica è il tema della fede. Nel cristianesimo vede un'ancora di salvezza. Oltre che identificarsi e insegnare la dottrina dell'esistenza che lui crede vera, la religione trova una maniera attraverso la fede di uscire dalla disperazione e dall'angoscia che costituiscono la struttura dell'esistenza stessa. 

La singolarità come categoria propria dell'esistenza umana

Contro l'idealismo hegeliano che dissolveva l'individuo singolo nella realtà universale, proclama l'istanza del singolo. La verità solo è una verità se lo è per me. Quindi, non è l'oggetto del pensiero che è la verità, ma il modo con cui l'uomo si appropria di essa, la fa sua e la vive. L'appropriazione della verità la verità. Alla riflessione oggettiva hegeliana Kierkegaard propone una soggettiva basata sul singolo e sul suo destino.

Hegel aveva fatto dell'uomo un genere animale, perché solo nel genere animale in genere è più importante che il singolo. Ma la caratteristica dell'umano è che il singolo è più importante del genere. Questo per Kierkegaard è l'insegnamento fondamentale del cristianesimo (per questo anche non si può credere in Dio e avere fede in collettività). 

Bisogna combattere con la concessione hegeliana e contro qualsiasi filosofia che usi la riflesione oggettiva. Il suo compito è quello di mettere l'individuo singolo con tutte le sue esigenze nella riflessione filosofica. Per questo voleva sulla sua tomba scritto "quel singolo" e per questo aveva combattuto tutta la vita contro il panetismo idealistico, cioè Dio è presente in tutto, e anche nell'uomo; tra Dio e l'uomo c'è uno spazio incolmabile, cioè tra il finito e l'infinito. C'è una diferenza abissale tra il modo di essere del singolo e quello dell'Assoluto. (per questo il cristianesimo è una contraddizione, Gesù visse come uomo m si diceva Dio, era singolo e assoluto allo stesso tempo; -> credere o non credere?)

Gli stadi dell'esistenza

Il primo libro di Kierkegaard s'intitola significativamente "Aut-Aut". È una raccolta di scritti in pseudonimi che dimostra due tipi di stadi dell'esistenza: la vita estetica (nella figura di Giovanni) e la vita etica, tra cui c'è un'abisso. Ogni stadio è una vita a sé la cui alternativa esclude automaticamente l'altra. 

a) Vita estetica

La vita estetica è una vita vissuta nell'attimo, è fuggevole e irrepetibile. L'esteta è colui che vive poeticamente, vive insieme d'immaginazione e di riflessione. Ha un'impulso per ricercare le cose interessanti della vita e trattare le cose vissute come opera dell'immaginazione poetica. Così crea per se un mondo luminoso che esclude tutto ciò che è banale, meschino e insignificante. Vive in uno stato di ebbrezza intelletuale continua. La vita estetica esclude la ripetizione e porta alla noia perché mentre non si trova un piacere, non s'incontra niente che si avvicini a questo. La vita estetica è rappresentata da Kierkegaard in Giovanni, che è come un Casanova, che cerca piacere non in una ricerca sfrenata, ma nella limitatezza e nell'intensità. Cioè, il suo piacere è un piacere immediato, profondo, intenso, ma effimero e superficiale. 

La vita stetica ha la sua miseria nella noia. Kierkegaard sostiene anche che chiunque viva la vita stetica è disperato, lo sappia o no. La disperazione è l'ultimo sbocco della vita stetica, e se l'abbraci con tutta la volontà è anche il modo per rompere con la pura estetica e passare così alla vita etica. Perché disperarsi è già una scelta, si può dubitare senza scegliere di dubitare, ma non si può disperare senza sceglierlo. Disperandosi si sceglie di nuovo e sceglie se stesso.

b) La vita etica

La vita etica nasce con questa scelta. Implica una stabilità e continuitá che non sono presenti dell'estetica perché essa è caratterizzata dalla ricerca della varietà. La vita etica è il dominio della riaffermazione deu sé e della libertà per la quale l'uomo si afferma da sé. L'elemento stetico è quello per cui l'uomo è quel che è, mentre l'etico è quelo per cui l'uomo diviene quel che diviene. 

Nella vita etica l'uomo si adegua ad una forma, all'universalità e rinunca all'eccezione, all'essere l'eccezione. 

Siccome la vita etica è caratterizzata dal seduttore, la vita etica lo è dal marito. Il matrimonio è tipico della vita etica ed è un compito che può essere proprio di tutti. Mentre nella vita estetica una coppia di persone eccezionali può essere felice a causa dell'eccezionalità, nella vita etica, col matrimonio ogni coppia può diventare felice. 

La persona etica vive del suo lavoro. Il lavoro è la vocazione, quindi la persona lavora con piacere. E lavorando conosce altre persone, la collettività, e adempiendo il suo compito, e allora adempie a tutto che si può desiderare. 

Nenhum comentário:

Postar um comentário